sabato 22 dicembre 2012

Frittelle di baccalà


 
Il merluzzo conservato nel sale, per noi genovesi è il baccalà. Anche questo viene cucinato in mille modi, ma messo in pastella e fritto è favoloso!

Quando eravamo ragazzi la nonna ci mandava a comprare le frittelle di baccalà in una friggitoria non lontano da casa, erano grandi e larghe, io stavo a vedere curiosa quando le mettevano nei padelloni grandi, padelle che ormai si usano soltanto nelle sagre, e aspettavo con ansia la cottura di queste delizie e poi di corsa a casa per poterle mangiare belle calde....

E' stato un grande piacere poterle cucinare anche noi, devo dire che piacciono moltissimo ma purtroppo, per motivi di organizzazione, riusciamo a farle solo al venerdì, pranzo e cena.

Molto spesso,i nostri clienti che vengono dal Piemonte e dalla Lombardia per il fine settimana, le prenotano addiritura prima di partire.

Come sempre la cosa principale è saper scegliere la qualità migliore, se lo compri ancora nel sale, lo metti a bagno due giorni prima con la pelle rivolta verso l'alto ( così il sale scende e non rimane nella polpa), cambi due o tre volte al giorno l'acqua . Quando è pronto, togli la pelle e lo tagli a fettine sottili.

Intanto prepari la pastella con acqua e farina e un goccio di olio di olive, qualcuno aggiunge del lievito in polvere, qualcun altro mette almeno un uovo, dipende come al solito dai tuoi gusti.
Noi non mettiamo mai il sale nella pastella, perché non tutti i filetti di baccalà, una volta messi a bagno nell'acqua perdono il sale allo stesso modo, perciò a volte il pesce rimane più salato, se invece è più insipido si fa presto ad aggiungere un pizzico di sale:



La pastella deve essere bella morbida, né troppo densa né tropo liquida.


Metti sul fuoco una padella con bordi alti e abbondante olio; quando è caldo, con una pinza prendi una fettina di baccalà la passi nella pastella e la butti nell'olio.




 Quando le frittelle sono dorate le asciughi con la carta da cucina, le servi in tavola con una fetta di limone.... e sicuramente farai il bis!!!!

lunedì 17 dicembre 2012

Stoccafisso accomodato



L'estate scorsa abbiamo presentato lo stoccafisso bollito, come forse ho già detto, è il modo migliore per gustarlo, ma da ottobre fino a maggio lo cuciniamo in un altro modo, più ricco di sapori e più laborioso. Infatti per cuocerlo impieghiamo tutta la mattinata. Lo serviamo principalmente il venerdì e sabato sera, domenica pranzo e cena, qualche volta riusciamo a cucinarlo anche in settimana.

A Genova i modi più comuni per cucinare il merluzzo essicato sono : stoccafisso alla genovese, stoccafisso accomodato, stoccafisso in buridda, stoccafisso alla marinara. La differenza tra i diversi modi sta principalmente nell'impiego delle patate, dei funghi secchi e del pomodoro. Ma come sempre le ricette base vengono poi sovrapposte, modificate, elaborate secondo i gusti di ogni famiglia.

A casa nostra si è sempre mangiato quello accomodato, è anche quello che facciamo al ristorante arricchito da qualche ingrediente.

Qui nel ponente è chiamato soprattutto buridda, che secondo “Il Codice della cucina Ligure” edito dal “Secolo x1x”, è una preparazione caratterizzata dall'assenza delle patate e delle olive, ma con pomodoro e funghi; in questo modo vengono cucinati anche altri pesci come la “coda di rospo” , il “grongo”.

Il nostro stocco accomodato, è tagliato a pezzi, messo in una casseruola molto larga e non troppo alta, insieme a un trito abbondante di aglio, prezzemolo, cipolla sedano e carota, rosmarino, salvia, alloro, e sale grosso.

Dopo averlo bagnato con vino bianco si aggiunge il pomodoro, che puo essere concentrato e quindi diluito in un po' di acqua, oppure passata di pomodoro.
Prima di mettere le patate tagliate a pezzi si tolgono le lische che ormai si sono staccate bene dal pesce.
Quando le patate sono cotte e il sugo  si è consumato abbastanza, lo  togli dal fuoco e se lo lasci riposare qualche ora, diventa ancora più buono:

Sarebbe eccezionale poterlo cucinare in una pentola di terracotta e magari sul fuoco di una stufa a legna!




















mercoledì 12 dicembre 2012

Pane alle erbe aromatiche


Le erbe  aromatiche le mettiamo dappertutto! E' una delle ricchezze  della  Liguria  che per fortuna viene sempre più valorizzata.
Sarà l'aria di mare, o il terreno o il clima, ma il profumo che hanno qui non riescono a mantenerlo, purtroppo , quando vengono trasportate e poi trapiantate nelle regioni più a nord.
Nella pianura di Albenga ci sono distese di vasetti contenenti tutte le qualità di  piante aromatiche che si esportano in tutto il nord, non solo in Italia ma anche nel Nord Europa.
Noi abbiamo piante enormi di rosmarino, salvia, alberi di alloro e il timo cresce spontaneo, per non parlare dell'origano selvatico che raccogliamo nelle fasce in mezzo alle piante di olive.

Da  poco più di anno Andrea ha cominciato a fare il pane con le erbe. Prima lo faceva con le olive , era stupendo e richiestissimo, ma ad essere sinceri un pò pericoloso per i denti.

É veramente un piacere riuscire a fare il pane a casa, ma purtroppo non sempre riesce come si vorrebbe. Molto spesso  ci sono clienti che mi chiedono consigli per farlo, l'unica consiglio che mi sento di dare, è quello di imparare a conoscere bene il proprio forno perchè ricette del pane ne troviamo ovunque. un'altra cosa molto importante è anche il tempo di lievitazione.




20 g. di lievito per un kg. di farina "00" sale fine acqua, olio d'oliva, vanno a finire tutti insieme nella planetaria, a parte tritiamo tutte le erbe aromatiche e le aggiugiamo all'impasto.



Quando l'impasto è liscio e morbido lo trasferiamo in un grosso recipiente.



La lavorazione comincia all'una e mezza del pomeriggio, a volte anche alle due, dipende dalla quantità di persone che arrivano a mangiare e dal tempo che abbiamo, la cottura invece comincia alle sei e trenta, quindi la lievitazione dura parecchie ore, ma durante queste ore aumentando il volume, esce dal recipiente, per rimetterlo dentro si rompe inevitabilmente la lievitazione, questa rottura  avviene anche tre volte.
                                                                                             

 Quando  Andrea e Giampiero tornano in cucina alle sei di sera, formano dei filoni, li mettono nei tegami e lo infornano a una temperatura attorno ai 250 gradi.

Il tempo di cottura varia a seconda dello spessore delle pagnotte

Quando io faccio il pane a casa non mi viene MAI cosi!

 Nel ristorante ovviamente
 abbiamo un forno industriale:
 elettrico,  a gas, ventilato, con il
 vapore, insomma ha di tutto
 e di  più, cuoce dolce e salato      
insieme, a confronto il forno
di casa mi sembra un giocattolo!!


Ecco che è finalmente pronto dopo 45 -50 minuti.

 Giancarlo comincia a tagliarlo per portalo in tavola insieme al solito aperitivo di Bianco Rustico.

Non fa in tempo a portarlo che finisce in pochissimo tempo!  Questo pane ha fatto dimenticare presto quello con le olive.

Qualcuno vorrebbe che lo facessimo con le olive snocciolate... ma non è la stessa cosa.. le olive denocciolate assumono molto di più il gusto della salamoia... a qualcuno può piacere, ma a noi non piace molto.......










                                                                                                            

sabato 1 dicembre 2012

Olio di oliva

Tutti gli anni a novembre si ripete questo meraviglioso evento. Sì per me è sempre un grande evento anche se ormai sono tanti anni che raccogliamo olive e facciamo l'olio.
Ci sono anni che le olive sono meno belle, a volte sono punte dalla mosca, ma quest'anno
erano meravigliose!
La mosca dell'olivo, detta anche mosca olearia, è un insetto che appartiene alla sottofamiglia dei Dacinae, è una specie carpofaga la cui larva intacca la drupa dell'olivo.Questa specie è presente in tutto il bacino del Mediterraneo, nel Sudafrica e anche in California. Gli attacchi della mosca sono più frequenti nelle regioni più umide, diventa meno marcata quando l'estate è più calda e più siccitosa.Il danno che la mosca da all'olio è quantitativo perché sottrae alle olive parte della polpa e inoltre cadono precocemente,   è invece qualitativo perché le olive maggiormente punte dalle mosche producono un olio con maggior acido oleico e quindi con una minor possibilità di una buona conservazione. Inoltre nelle olive attaccate dalle mosche si sviluppano muffe che determinano maggiormente l'acidità, come pure la raccolte delle olive da terra, e lo stoccaggio prolungato prima della molitura

E' proprio per questo che raccogliamo le olive, non le lasciamo sulle reti, ma le mettiamo nelle casse e dopo tre giorni al massimo le portiamo al frantoio.


Le facciamo macinare nel frantoio qui a Cisano , dove compriamo l'olio nelle bottiglie piccole con tanto di etichette, per poterle servire in tavola....chissà forse il prossimo anno riusciremo a servire il nostro olio in tavola!!!!Il frantoio dei F.lli Pozzo (se vuoi visitare il sito clicca sulla foto a sinistra del blog), é nella frazione di Conscente,  come puoi vedere dalle foto le macine  di pietra vengono azionate da un mulino   esterno le cui pale girano con l'acqua






Versiamo le olive in un imbuto grande dove una ventola  aspira le olive e le porta nella vasca dove le grandi macine entrano in funzione e cominciano a schiacciarle

                                                             
                                                                         

 La pasta delle olive va a finire in una pressa che ne fa uscire olio mischiato all ' acqua.













                                          
 La Pressa



















Il liquido entra in una centrifuga che separa l' olio dall'acqua... ed ecco che finalmente esce questo meraviglioso liquido verde-giallo che ha un profumo fruttato, e noi non vediamo l 'ora di assaggiarlo sopra una fetta di pane appena sfornato!!








 

lunedì 26 novembre 2012

IL PESTO


   
 
Il pesto è il principe dei nostri sughi.

E' proprio con il pesto che abbiamo cominciato a farci conoscere, sì perché i primi piatti del mezzogiorno erano : le “mezze penne al pesto” oppure al “ragù” e il “minestrone”.
Parlo di trent'anni fa, io non sapevo fare niente, mio fratello Andrea doveva ancora cominciare la scuola “alberghiera” e, come ho già detto, nel ristorante si cucinava quello che si mangiava a casa... e a casa nostra il pesto c'era un giorno sì e l'altro anche!!!!
Adorato mortaio!.. ma che fatica! Ero piccola e dovevo salire su una sedia per arrivare al tavolo e pestare.. pestare.... finché il basilico con pinoli e aglio non diventavano una poltiglia...non è la stessa cosa ma con il frullatore è molto molto più veloce!

Qualche anno fa abbiamo fatto una dimostrazione di come si fa il pesto nel mortaio, c'era un pranzo di rappresentanti di ministeri dell'agricoltura arrivati da tutto il mondo.. anche dal Canada e dal Giappone. E' stato davvero emozionante quel ritorno al passato!


La ricetta del pesto alla genovese riportata su diversi libri di cucina ligure, prevede l'uso di una quantità di aglio tale che se lo proponessimo noi al ristorante, sarebbero in pochi a mangiarlo.  “La cucina dei genovesi” dice : uno spicchio di aglio e due mazzetti di basilico, ma consiglia giustamente di usarne secondo i propri gusti; su “Mandilli de sea” : due spicchi di aglio per quattro mazzetti di basilico.

Noi usiamo due spicchi di aglio, se sono piccoli anche tre per quasi mezzo chilo di basilico.




 


Il basilico migliore  è quello di Genova - Pra, ma  anche qui  ad Albenga ci sono molte serre che  coltivano un'ottima qualità, noi lo prendiamo a Campochiesa d'Albenga da Agriturismo Signola; puoi trovarlo cliccando sulla foto della serra a destra del blog.
Prima di tutto bisogna liberare le foglie dai gambi, le lavi molto bene e puoi metterle a scolare in un colapasta.
Come puoi vedere dalle foto, prima mettiamo nella campana del frullatore olio d'oliva, pinoli e aglio, li facciamo frullare molto bene e poi aggiungiamo poche alla volta le foglie e anche un poco di acqua.
Tutto questo lo facciamo piuttosto velocemente per evitare che il basilico divente nero.
Quando hai finito tutte le foglie, versi il pesto in un recipiente, aggiungi abbondante formaggio grana e sale fine.






























Se invece vuoi farlo nel tritatutto, prima triti aglio e pinoli, aggiungi le foglie  e quando lo hai messo nella ciotola aggiungi olio, grana e sale.
In molte famiglie genovesi , insieme ai pinoli  mettono anche le noci e oltre il formaggio grana, anche il  pecorino sardo stagionato e grattato.



sabato 17 novembre 2012

Penne alla Francescana




La Francescana” è un sugo molto gustoso, facile da fare e si presta per condire tutti i tipi di pasta,va benissimo anche con il riso.
Noi lo usiamo quasi sempre per condire le penne.
Ti servono: cipolla
prosciutto cotto oppure prosciutto di Praga,
origano
piselli freschi, quando ci sono, oppure surgelati
passata di pomodoro oppure pelati
peperoncino
panna da cucina
Tagli le cipolle abbastanza sottili, le metti in una casseruola con bordo un po' alto e le fai dorare ma non troppo.
Aggiungi origano e peperoncino q. b. secondo i tuoi gusti,
poi il prosciutto tagliato a pezzetti sottili oppure a dadini
fai rosolare ancora e alla fine aggiungi prima i piselli e poi il pomodoro.
Fai cuocere il sugo per più di un'ora, dipende anche dalla quantità, comunque deve essere abbastanza consumato, non acquoso.
Cuoci la pasta, la scoli al dente,
 la fai saltare in padella con abbondate sugo
 e alla fine aggiungi un po' di panna.



 




          



 


sabato 10 novembre 2012

LE ROCCHE DEL GATTO











Vini migliori d’Italia. La Top Ten

LE ROCCHE DEL GATTO si è
 classificato al terzo posto nella
classifica dei primi dieci vini in Italia
 con lo "Spigau Pigato Crociata"

DI - CANALE Scatti di vino - giovedì, 1 novembre 2012 | ore 12:18









Bella la degustazione della nuova edizione della
Guida ai migliori vini d’Italia firmata da Ian D’Agata e
Massimo Comparini con una cinquantina  di produttori (su 200 totali)
e 150 etichette presenti in guida.
Non è facile rappresentare un panorama
 enologico vasto come quello italiano in
relativamente poche pagine. Tuttavia i due curatori,
anno dopo anno, sono riusciti nell’impresa di non farci mancare nulla,
 dalla Val d’Aosta alla Sicilia. E stupirci piacevolmente con etichette
sorprendenti grazie alla ricerca e alla pazienza dei curatori.


Spigau Pigato Crociata 2008 – Rocche del Gatto:
 Fausto De Andreis è un personaggio unico del mondo del vino.
Basti pensare che il termine “crociata”
 in etichetta si riferisce ad una sua crociata contro la DOC,
dato che si è visto rifiutare diverse volte
 il relativo riconoscimento dalla commissione
della Camera di Commercio.
 Lunga macerazione per questo vino che ha come
tratto saliente la nota minerale di camino spento,
 insieme a frutta secca, agrume e note di erbe officinali.
 Fresco e vibrante, lascia una piacevole scia sapida.
 (vino in guida con 90/100)

domenica 4 novembre 2012

Zemin di ceci


Il zemin di ceci è un 'altro piatto che appartiene alla tradizione della cucina genovese, era considerato un piatto alla portata di tutti, si trovava in tutte le trattorie e i semi  erano presenti  in ogni rivendita. Sembrava fosse caduto in disuso, ma, come  la maggior parte dei piatti tradizionali è tornato alla grande nelle cucine liguri.  Possiamo vantarci di non averlo mai abbandonato, perchè a casa la nonna lo cucinava sempre e noi abbiamo cominciato a farlo nel ristorante appena è cominciata la nostra avventura.
Il termine "zemin" pare che sia una curiosa inversione di significato di parole esotiche nell'impatto con il ligure idioma: "as -seminu", che in arabo significa " salsa densa ", al contrario del nostro " a zemin" che significa cuocere con verdure, con  poco condimento per compensare il notevolo apporto calorico dei ceci. 
Non possiamo dire che il nostro zemin sia cucinato con poco condimento, anzi al contrario, però è così gustoso!!!!!! E' richiestissimo all'inizio dell'autunno e non parliamo poi delle giornate fredde e umide dell'inverno! Non ti riscalda solo lo stomaco ma anche il cuore<3 <3.
I primi anni che lo facevamo era veramente un rito, perchè i ceci non sono molto facili da cuocere, e noi eravamo molto attenti a rispettare le dicerie e le  superstizioni delle persone anziane; ad esempio, non si dovevano più guardare e ancor meno toccare i ceci una volta che erano a bagno,altrimenti c'era il rischio che rimanessero crudi.
Se vuoi cucinarli dovresti innanzi tutto scegliere una buona qualità di ceci, sono buoni anche quelli italiani anche se più piccoli, oppure provenienti dall'Argentina o dalla Turchia. Fai attenzione che puoi trovare delle pietrine molto simili ai ceci, se le trovi cambia assolutamente qualità.

La sera prima li metti a bagno in una pentola alta con tanta acqua perchè raddoppiano il volume e aggiungi una bella manciata di sale fine.
La mattina seguente li lavi bene e li rimetti nella stessa pentola sempre con tanta acqua perchè   devono cuocere  in tutto più di due ore,
Aggiungi il sale, una braciola di maiale e un bel pezzo di salsiccia.
 ( nella ricetta classica ci vanno le cotiche) lo lasci cuocere poco più di un'ora.                                                                     

Intanto in una pentola più piccola e bassa ,fai soffriggere un trito di aglio
 prezzemolo, cipolla, carota e sedano,
aggiungi  rosmarino, salvia alloro
anche questi tritati, ma vanno bene anche interi.
Quando il trito di sapori è dorato aggiungi una scatoletta di salsa di pomodoro e le bietole o costine, ben lavate e tagliate, noi preferiamo mettere gli spinaci.
Quando ti sembra che i ceci siano a buon punto come cottura
 

Quando ti sembra che i ceci siano a un
 buon punto di cottura,
aggiungi il soffritto e fai cuocere il zemin
 per più di un'ora.
I ceci devono essere interi
ma belli morbidi e setosi.


























Se hai occasione di venire in Liguria
da ottobre fino a maggio
vieni ad assaggiarlo
da noi!!!!! Mio fratello Andrea
 lo cucina veramente bene !!!